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Nel 1964 la Commissione Franceschini, istituita
dal Parlamento per studiare la nuova e mai ap-
provata legge, definì Beni Culturali tutti i beni
costituenti testimonianza materiale avente va-
lore di civiltà. Da quel momento l’espressione
è entrata in Italia nell’uso corrente e su di essa
non fu sollevato alcun rilievo nell’esame critico
a cui furono sottoposti gli atti della Commis-
sione nei numerosi dibattiti che seguirono dopo
il 1967.
Nello stesso periodo Giovanni Urbani ne sot-
tolineò l’indispensabilità definendo i Beni Cul-
turali interessi vitali della società come l’aria, l’ac-
qua, la luce. E con ciò, mentre si sottolineava il
valore di autenticità come caratteristica fondan-
te dei Beni Culturali e la tutela come pubblico
servizio, si evidenziava, pure, la caratteristica ti-
pica di ogni categoria di beni: il continuo pro-
cesso di naturale consunzione. Quindi l’azione
di difenderli e prolungarne l’esistenza può non
essere giustificata solamente da ragioni di ca-
rattere spirituale, quali la tutela della memoria
storica, ma può diventare l’occasione per ap-
por tare un contributo alla pienezza della no-
stra esperienza.
Del resto sono sempre stati gli uomini i veri
destinatari dei Beni Culturali; per tanto il bene-
ficio che si ottiene dalle azioni di tutela e di
salvaguardia della loro memoria è rivolto alla
comunità stessa, proprio in quanto i Beni Cul-
turali rappresentano i segni che documentano
l’attività dell’uomo e individuano l’identità di una
determinata comunità.
Nell’Irpinia post-terremoto queste tracce della
storia non erano, per ovvie ragioni, molto for ti.
Buona par te della cultura materiale era stata
distrutta: mancavano le immagini familiari con-
solidate nella memoria collettiva di molte co-
munità, gusci protettivi della quotidianità e do-
cumenti unici da trasmettere alle generazioni
future.
E, allo stesso tempo, si avver tiva la necessità di
possedere una guida da utilizzare durante gli
interventi di ricostruzione e restauro, ma, fino
a quel momento, non era mai stato redatto un
manuale d’uso sulle tecnologie utilizzate nell’ar-
chitettura locale, né era stata realizzata una ca-
talogazione dei Beni Culturali del territorio.
Esisteva, quindi, un vuoto di valori necessari per
trasformare la storia in memoria.
Anche in seguito a questa esperienza si è com-
presa meglio l’importanza della indispensabile
conoscenza e comunicazione dei documenti,
trait-d’union fra ricerca, tutela, valorizzazione e
fruizione dei Beni Culturali, così che, attualmen-
te, i confini fra l’universo dei Beni e l’universo
degli individui sono in via di ridefinizione e le
loro distanze si stanno abbreviando.
Gli ambiti classici delle istituzioni culturali, mu-
sei, archivi, biblioteche, mutano la loro funzio-
ne: da contenitori statici di segni di memoria
storica diventano sempre più divulgatori dina-
mici di cultura materiale grazie anche all’ausilio
dei mezzi informatici interattivi. I musei non
vengono più intesi solo come depositi adibiti
alla tutela delle opere d’arte, ma come veri cen-
tri del sapere, dove si coniugano cultura ed in-
formazione con le tecnologie avanzate, al fine
di migliorare il godimento e l’elevazione spiri-
tuale anche nel più distratto visitatore.
La creazione e l’allestimento di un progetto
museologico moderno che non trascuri l’im-
pianto storico culturale e che curi con atten-
zione i contenuti da divulgare potrebbe contri-
buire ad una migliore conoscenza dell’opera
d’ar te e ad una frequentazione più responsabi-
le dei visitatori.
Le biblioteche e gli archivi, da sempre in stretto
rapporto con il territorio e con il contesto edu-
cativo esterno, giocano attualmente un ruolo
decisivo di mediazione nella conoscenza e nel-
la diffusione di informazioni del patrimonio gra-
zie anche all’innovazione tecnologica, alle op-
portunità offerte dai nuovi media e all’utilizzo
del paradigma della comunicazione ipertestuale.
La digitalizzazione dei dati posseduti, se in qual-
che caso ha ottenuto il vantaggio di aumentare
il grado di conservazione dei fragili ed insosti-
tuibili documenti, in molti altri ha garantito una
maggiore fruibilità degli stessi, anche con la dif-
fusione dei dati su rete telematica.
Ma è bene sottolineare che quest’ultimo nuo-
vo sistema di comunicazione non costituisce un
valore aggiunto al Bene Culturale in sé, non
migliora la sor te delle opere, dei musei o dei
siti archeologici o monumentali: è solo un mez-
zo, non car taceo, che se utilizzato allo scopo di
esaltare le relazioni esistenti fra beni e territo-
rio, beni e memoria storica, e se affida al “tecni-
co informatico umanista” la qualità dei conte-
nuti da divulgare, potrebbe aggiungere un ulte-
riore tassello al complesso di operazioni pro-
1.4 Beni culturali e comunicazione integrata
MiriamVitale
gettuali finalizzate alla conservazione e alla dif-
fusione delle informazioni riguardanti il patri-
monio culturale.
La costituzione di gruppi di lavoro pluridisci-
plinari, all’interno dei quali collaborino studiosi
di diverse discipline, da quelle umanistiche a
quelle tecnico-scientifiche, dai responsabili e
operatori della tutela fino agli specialisti di ap-
plicazioni informatiche e di comunicazione, po-
trebbe rappresentare l’occasione per una for-
ma di dialogo su più livelli: uno, interno, fra i
tecnici e l’altro esterno, rivolto alla diffusione
delle informazioni non solo sul proprio territo-
rio ma su un ambito più vasto.
In questa ottica rientra anche la realizzazione
del manuale delle tecniche tradizionali di recu-
pero dell’architettura locale e del paesaggio in
Irpinia, occasione di raccolta dei segmenti della
Sant’Angelo dei Lombardi (AV). Abbazia del Goleto,
elementi di spoglio riutilizzati nella cappella di San Luca