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1.2 Il territorio di riferimento per il manuale di
recupero, l’Irpinia post-sisma
Franco Archidiacono
“I paesi dell’Irpinia d’Oriente hanno una par ti-
colare, desolata bellezza, ma nessuno li cono-
sce davvero questi paesi. Perché per attraver-
sarli nelle loro fibre ultime bisogna lasciare la
macchina e camminare senza aspettarsi nulla di
stupefacente. A dispetto degli inerti e dei ran-
corosi in paese c’è sempre qualcosa da vedere,
da sentire. Chi ha detto che qui la vita deve
essere un luogo di fatiche infernali? Chi ha det-
to non ci possiamo più stupire, che dobbiamo
solo lamentarsi o intristire? L’Irpinia c’è ancora,
non è tutta scomparsa, ma bisogna viaggiare,
viaggiare verso oriente. Non bisogna avere l’an-
sia di scavalcare le montagne per inseguire le
città maggiori. Bisogna restare sull’Altura.”
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L’Alta Irpinia, come molte aree interne dell’Ita-
lia appenninica, conserva un paesaggio singola-
re che pur non avendo par ticolari caratteristi-
che dal punto di vista botanico o orografico o
geologico, rispetto agli altri paesaggi circostanti,
è for temente segnato dalla presenza di rovine
e resti di fabbriche antiche, spesso semplice-
mente cumuli di pietre, pienamente integrati ai
marcati profili collinari e quasi fusi con la vege-
tazione naturale.
Negli ultimi due decenni il paesaggio dell’Alta
Irpinia ha subito trasformazioni senza preceden-
ti. La ricostruzione postsismica, più dello stesso
terremoto del 23 novembre 1980, ha cancella-
to memorie storiche e luoghi naturali: il terri-
torio è stato aggredito nella sua morfologia e
nella sua estetica. Molte aree di questo territo-
rio hanno perso la propria caratteristica identi-
tà per trasformarsi in una immensa e anonima
periferia con insediamenti sparsi lungo le prin-
cipali ar terie stradali. Dove, invece, si è salva-
guardato l’esistente si è salvato anche il sistema
dei rappor ti sociali ed economici. Oggi l’Alta
Irpinia è una regione fatta di luoghi diversissimi,
paesi ricchi di fascino con pietre che ne rac-
contano la storia.
La storia, di questi piccoli centri dell’Irpinia, è la
tipica storia della provincia interna: una storia
di borghi, castelli, che puntellano le alture, pro-
teggendo gli abitati abbarbicati sui crinali e do-
minando strategicamente tutte le vallate circo-
stanti, lungo gli antichi ed a volte incer ti trac-
ciati delle grandi strade consolari romane.
La storia millenaria di questi luoghi è ancora, in
alcuni casi, quanto mai presente e viva, pesa e
si esprime ancora nella calda atmosfera dei suoi
nuclei abitati più antichi, nel respiro calmo e
talora solenne di cer ti suoi spazi collettivi, con-
tenuti e a misura d’uomo, si avver te nel tono a
volte ruvido ma sempre misurato e decoroso
dei por tali e delle cornici in pietra delle fine-
stre, nella solida impostazione dei muri, dei ba-
samenti e delle cordonate.
Logge in pietra, balconi in ferro battuto, pavi-
mentazioni esterne e stradali, realizzate in for-
me geometriche con blocchetti di breccia Irpi-
na, con filari intercalati di mattoni, conservano
un loro for te carattere di autenticità e attribu-
iscono al paesaggio e all’ambiente un notevole
valore espressivo.
Un lunghissimo minuto, la sera del 23 novembre
1980, ha tentato di offuscare tutte queste verità.
Non si sono persi capolavori in quella sera e
nelle giornate a seguire gli scavi, ma sicuramen-
te sono andati perduti innumerevoli testimo-
nianze urbane e architettoniche di tono mino-
re, la cui presenza era però essenziale per defi-
nire il carattere storico e culturale del territorio.
Come il carattere di un centro storico irpino,
tra le rughe di una secolare stratificazione, ogni
elemento ha una sua precisa ragion d’essere, è
fatto per durare, e conservare insieme, nel tem-
po, funzionalità e memoria storica; non vi sono
elementi superflui, tutto è ben dosato ed ela-
borato con sacrificio. Questi posti, poco cono-
sciuti, inseriti all’interno di un contesto natura-
le aspro e selvaggio con una morfologia assai
varia caratterizzata da rilievi collinari ricoper ti
da boschi, macchie spontanee, ginestreti, spine-
ti, pascoli, coltivazioni, formano quel nascosto
tessuto connettivo che costituisce, in quest’area,
l’indissolubile legame tra ambiente e storia e
tra paesaggio e architettura. La conoscenza del
territorio e delle sue sedimentazioni storiche è
una condizione essenziale per proporne una
corretta valorizzazione che indirizzi lo sviluppo
e garantisca la qualità delle modifiche in conti-
nuità con il passato, in una sor ta di simbiosi tra
conservazione e innovazione.
Su queste realtà ancora vitali, zone oramai sismi-
che per eccellenza, dove il gruppo di Accanto
lavora da un quinquennio con l’obiettivo della
valorizzazione e della promozione del territorio,
si è tentato, con l’esperienza del “manuale”, di
registrare il dibattito in corso sui temi del recu-
pero del costruito e del paesaggio e su temi an-
cora più specialistici quali quelli del miglioramento
e dell’adeguamento sismico dei fabbricati.
Ognuno deve fare la sua par te, a noi tocca il
compito di richiamare l’attenzione, sia di quanti
amministrano sia dei cittadini e degli operatori
del quotidiano, sulla ricchezza di testimonianze
architettoniche e culturali che i nostri antichi
centri ancora possiedono; ricchezze non solo
monumentali, legate cioè alla “facciata”, ma in-
site nelle tecniche di costruzione, nei processi
di conservazione e nei sacrifici di manutenzio-
ne tramandati attraverso il costruito architet-
tonico. Non serve, però, solo la comunicazione
Note
1.Arminio, F.,
Viaggio nel cratere,
Milano,Sironi Editore, 2003.
Rocca San Felice (AV).
Cairano (AV).