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1.6 Il miglioramento e l’adeguamento
strutturale in zona sismica
Giacomo Tempesta
Ai punti C.9.1.1 e C.9.1.2 del d.m. LL.PP. 16 gen-
naio 1996, “Norme tecniche per le costruzioni
in zona sismica”, con riferimento specifico al
caso degli interventi su edifici esistenti, viene
introdotto con chiarezza letterale il tema del
duplice livello degli obiettivi perseguibili attra-
verso gli interventi strutturali che si rivolgono
all’aumento della resistenza degli edifici alle azio-
ni sismiche.
Ai sensi del citato d.m., come noto, per inter-
vento di miglioramento antisismico si intende
“l’esecuzione di una o più opere riguardanti i
singoli elementi strutturali dell’edificio con lo
scopo di conseguire un maggior grado di sicu-
rezza senza peraltro modificarne in maniera
sostanziale il compor tamento globale”.
Si definisce invece intervento di adeguamento
antisismico “l’esecuzione di un complesso di
opere che risultino necessarie a rendere l’edifi-
cio atto a resistere ad azioni di progetto equi-
valenti a quelle previste per le nuove costru-
zioni” così come definite al punto C.9.5.3. del
d.m. stesso.
La distinzione tra i due livelli di intervento ha
da sempre costituito argomento di dibattito,
spesso assai ar ticolato, tra operatori e tecnici
di diversa formazione culturale e/o scientifica.
Del resto il tentativo di utilizzo di formule in-
terpretative di tipo eminentemente prescritti-
vo, adottato dalla vecchia norma del 1996 per
gli edifici in muratura esistenti, già di per sé pa-
tiva le for ti incongruenze e contraddizioni con
il d.m. del 20 novembre 1987, nonostante il ten-
tativo non troppo felice nel senso della chia-
rezza della circolare del 10 aprile 1997, conte-
nente le istruzioni per l’applicazione delle nor-
me tecniche.
In tal senso, affrontando l’argomento, non si può
non notare come, ad esempio, il concetto stes-
so di adeguamento antisismico finisca con l’es-
sere in aper to conflitto con il tema dell’inter-
vento sull’esistente, quando per esistente si in-
tenda un bene architettonico di valore storico
ar tistico.
Se poi quest’ultimo, come è giusto che sia, com-
prende anche il centro storico come vero e
proprio organismo architettonico di elevato
valore culturale, allora è indubbio che nella quasi
totalità dei casi, perlomeno sul territorio nazio-
nale italiano, alle esigenze della sicurezza fini-
scono con il sovrapporsi quelle proprie della
conservazione e del rispetto nella natura origi-
naria della costruzione, sia per quanto riguarda
gli aspetti formali e di linguaggio che per quelli
più propriamente strutturali.
Come accennato in precedenza il for te incre-
mento del dibattito sviluppatosi in tal senso, al-
l’indomani della entrata in vigore della norma-
tiva del 1996, è stato un chiaro segnale della
sostanziale inapplicabilità, non solo in nome
dell’esigenza adeguativa ma anche solo miglio-
rativa, di norme generali di tipo prescrittivo
nell’intervanto sul costruito storico.
Infatti, se è pur vero che i sopra citati punti
C.9.1.1 e C.9.1.2 del d.m. LL.PP. 16 gennaio 1996
contenevano, in riferimento ai concetti di ade-
guamento e di miglioramento, l’obbligo preva-
lente del ricorso a quest’ultimo nel caso degli
inter venti effettuati sui beni architettonici di
valore storico ar tistico, è altrettanto vero che,
in ultima analisi, spesso sono stati solo gli edifici
a prevalente carattere monumentale a potersi
talvolta sottrarre alla rigida interpretazione pre-
scrittiva della norma.
Al contrario, negli interventi di recupero fun-
zionale applicati all’edilizia cosiddetta “minore”
ma pur sempre rappresentativa, sotto il profilo
storico, di un for te significato culturale, si è as-
sistito al rapido diffondersi di tipologie di inter-
vento strutturale – divenute una forma di pras-
si corrente – quali foderature di pareti con plac-
che di cemento armato, cappe di cemento get-
tate sull’estradosso di volte in muratura, inie-
zioni armate sostitutive di ammorsature man-
canti, ecc., sviluppatesi quali espressioni fin trop-
po disinvolte e didascaliche del rispetto della
norma.
L’esigenza di conservazione del valore storico
ed architettonico dell’edilizia in muratura tipica
dei centri storici, oltre che del patrimonio mo-
numentale, ha for temente ispirato il formarsi
di comitati e gruppi di ricerca finalizzati al pro-
blema della prevenzione del patrimonio cultu-
rale dal rischio sismico.
Alcuni seminari nazionali di studio, forti del con-
tributo offer to dalle linee di sviluppo della ri-
cerca universitaria, fin dal 1997, riproponendo
a più riprese il tema della protezione del patri-
monio culturale legato alla questione sismica,
sono venuti a costituirsi come aree di integra-
zione per nuove proposte legislative elaborate
allo scopo di rappresentare, anche solo nella
veste di indicazione consapevole, un quadro di
riferimento puntuale per le Soprintendenze
operanti nelle zone ad alto rischio sismico.
A tale proposito par ticolarmente significativi
appaiono i risultati del II Seminario Nazionale
di Studio coordinato, nell’aprile del 1997, da
Romeo Ballardini e avente come tema “La Pro-
tezione del Patrimonio Culturale. La Questio-
ne Sismica”.
In tale occasione, al lato della sintesi dell’attività
del Comitato Nazionale per la Prevenzione del
Patrimonio Culturale dal Rischio Sismico, furo-
no presentate per la prima volta alcune propo-
ste legislative, accolte dal Ministero dei Beni
Culturali ed Ambientali e dal Ministero dell’In-
terno, sotto la definizione di Norme tecniche
per la redazione dei progetti di restauro relati-
vi ai beni architettonici di valore storico ar tisti-
co in zona sismica.
L’aspetto fondamentale di tali norme, fortemen-
te influenzate dal contributo culturale e scien-
tifico di Antonino Giuffré e del suo gruppo di
ricerca, era rappresentato dalla chiara ed espli-
cita accettazione del fatto che negli interventi
sul costruito storico l’uso delle tecniche tradi-
zionali consente comunque di soddisfare le esi-
genze della sicurezza sismica.
All’interno di questo quadro di riferimento
l’obiettivo di ricostituire l’omogeneità struttu-
rale di un edificio antico ai fini dell’esigenza di
sicurezza, non può che derivare dalla constata-
zione che, all’indomani di un qualsivoglia even-
to sismico, i manufatti architettonici murari che
risultano danneggiati sono esclusivamente quelli
che presentavano già in origine difetti costrut-
tivi; mentre quelli che subiscono danni minori o
Sant’Angelo dei Lombardi (AV). Abbazia del Goleto,
Chiesa del Vaccaro, immagine degli archi prima del
sisma del 1980