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ra non totalmente risolte sia sulle modalità ap-
plicative della norma sia sulla validità stessa dei
modelli di calcolo nel caso degli edifici storici e
in generale delle strutture in muratura, la nuo-
va filosofia normativa sembra confidare in ma-
niera forse eccessiva nel rigore e nella capacità
dei “calcoli” stessi; tuttavia il principio di dare
un valore quantificabile all’intervento è profon-
damente giusto.
Sembrerebbe quindi che l’utilizzo di soluzioni
tecniche preordinate, specie nella valutazione
della stabilità degli edifici storici monumentali,
sia totalmente da escludere.
In par ticolare al punto 11.1 la nuova ordinanza
recita testualmente: “Per edifici di speciale im-
por tanza ar tistica, di cui all’ar t. 16 della legge 2
febbraio 1974 n. 64, è consentito derogare da
quanto prescritto dalle presenti norme in quan-
to incompatibile con le esigenze di tutela e con-
servazione del bene culturale. In tal caso peral-
tro, è richiesto di calcolare i livelli di accelera-
zione del suolo corrispondenti al raggiungimen-
to di ciascuno stato limite previsto per la tipo-
logia strutturale dell’edificio, nella situazione
precedente e nella situazione successiva al-
l’eventuale intervento”.
Di nuovo, da questo breve stralcio, va rilevato
come ben altra cosa era la vecchia norma che
di fatto creava una sor ta di identità tra gli inter-
venti da adottare nel caso di edifici monumen-
tali e gli interventi di miglioramento previsti dalla
stessa normativa per l’edilizia comune.
Rimangono, tuttavia, alcuni rilevanti aspetti cri-
tici relativamente all’attuale testo dell’Ordinan-
za 3274, specie per quanto riguarda i casi delle
tipologie edilizie riconducibili a quelle tipiche
dei centri storici.
Permane infatti la tendenza dei continui riman-
di alla par te della norma che riguarda il caso
dei nuovi edifici in muratura (sarebbe oppor tu-
no invece che l’argomento godesse di una pie-
na autonomia) facendo si che ponendosi, ad
esempio, all’interno della classe di edifici esistenti
con livello di conoscenza LC2, si abbia un au-
mento della resistenza richiesta per la muratu-
ra di circa il 100% rispetto alle vecchie norme.
In questo ambito, specie se si aggiunge il for te
incremento dei livelli delle azioni sismiche pre-
visto dalle nuove norme, sembra perdersi, an-
cora una volta, quella caratteristica prestazio-
nale precedentemente posta in evidenza a fa-
vore di un atteggiamento prevalentemente pre-
scrittivo.
In ultima analisi non pare ancora acquisito il
concetto che l’identificazione dei meccanismi
di danno e di collasso non possono non dipen-
dere se non dalla comprensione del reale fun-
zionamento del singolo organismo edilizio ba-
sata sull’esperienza e sulla conoscenza dei com-
por tamenti passati dell’edificio stesso o di ti-
pologie ad esso similari.
A tale proposito probabilmente le direttive della
1089/39 contenevano indicazioni addirittura più
chiare e condivisibili circa la necessità e l’im-
por tanza dell’analisi storica e diagnostica: “…
da questa serie di dati (analisi storica) si può
ricavare già una indicazione sul compor tamen-
to dell’edificio, considerando i fenomeni che
sono succeduti nel tempo come una sperimen-
tazione diretta al vero assai indicativa e pro-
bante, soprattutto se gli eventi sismici subiti sono
stati significativi”.
In definitiva è da ritenersi che solo lo studio
diretto dei dissesti presenti negli edifici, l’indivi-
duazione dei meccanismi di danno e di instabi-
lità e la definizione e la localizzazione delle vul-
nerabilità, consente di rinsaldare una sor ta di
legame di continuità con le tecniche del costru-
ire del passato, che fondavano proprio sulla
conoscenza delle esperienze precedenti l’unica
fonte di progresso e di miglioramento dell’ar te
del costruire.
Sarebbe necessario, se vogliamo, il riaffermarsi,
per gli edifici murari antichi, di quella che po-
trebbe chiamarsi la “scienza degli effetti” in luo-
go di una più moderna, ma poco compatibile
con il costruito storico, “scienza delle cause”.
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