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non ne subiscono affatto risultano essere quelli
costruiti a “regola d’ar te”.
Come ricorda lo stesso Giuffré “… si tratta di
una osser vazione di carattere squisitamente
sperimentale che, tuttavia, autorizza ad afferma-
re che un edificio murario – ben costruito –
soppor ta il sisma con sicurezza. La qualità di un
edificio ben costruito ovvero, in termini più pro-
pri, eseguito a regola d’ar te deriva sia da una
corretta organizzazione complessiva dei diver-
si elementi strutturali sia dall’efficienza statica
di ognuno di essi. Un edificio siffatto non solo è
stabile e sicuro nei confronti di sollecitazioni
eccezionali ma è anche disponibile ad accoglie-
re nuove funzioni senza che queste sconvolga-
no i suoi caratteri formali e costruttivi”.
Il principale problema da codificare diventa quin-
di quello del saper riconoscere l’edificio ben
costruito. Quest’ultimo, come sopra accenna-
to, non richiede interventi che vadano al di là
della pura e semplice eliminazione delle cause
che ne hanno alterato la consistenza originaria
ed il successivo ripristino di tale consistenza,
lasciando ai casi in cui siano evidenti carenze
originarie sia di impianto che di costruzione la
necessità di interventi più estesi.
Il riconoscimento dei suddetti aspetti deve pas-
sare attraverso l’analisi puntuale delle modalità
di assemblaggio degli elementi che compongo-
no l’organismo edilizio, allo scopo di evidenziar-
ne eventuali carenze di impianto, fornendo chia-
re indicazioni non solo sul “dove” intervenire
ma, in prima istanza, anche sul “se” intervenire.
In sintesi si può quindi affermare che se si è in
grado di riconoscere un edificio ben costruito si
è anche in grado di capire se esso è sicuro o
meno rispetto al grado di sismicità del luogo.
Tuttavia “… è noto che l’architettura delle città
storiche obbedisce a regole costruttive for te-
mente caratterizzate dalla cultura locale, ed è
evidente, infine che stabilità e durata, in sostan-
za il compor tamento meccanico della costru-
zione, sono diretta conseguenza dei materiali e
delle modalità costruttive con cui essi sono stati
assemblati. Ne segue che qualsiasi analisi dei
problemi statici delle opere di architettura non
può prescindere dalla completa consapevolez-
za della loro materia; e questa non può essere
conseguita che attraverso l’esame puntuale della
realtà costruita.”
In un cer to senso l’ambiente normativo finora
vigente, volendo riferire tale osservazione al
caso specifico degli interventi sul costruito sto-
rico, ha da sempre costituito un apparato ap-
parentemente rigoroso ma, in un cer to senso,
for temente paralizzante della liber tà operativa
e responsabile degli operatori.
Attraverso regole generali, espresse sotto la
forma di norme coattive, si è di fatto totalmen-
te eliminata la possibilità oltre che la necessità
di riconoscere nell’edilizia storica la prevalente
presenza della singolarità dei casi.
L’ordinanza n. 3274 del 20 marzo 2003 e le suc-
cessive aggiunte, disposizioni, correzioni e note
esplicative, ha introdotto, a tale proposito, alcuni
elementi di novità e di impostazione generale.
Le nuove norme tecniche sembrano contene-
re modifiche che consistono principalmente nel
voler abbandonare il “carattere convenzionale
e puramente prescrittivo” della vecchia norma-
tiva,“a favore di una impostazione esplicitamen-
te prestazionale, nella quale gli obiettivi della
progettazione che la norma si prefigge … ven-
gono singolarmente giustificati”.
Ciò dovrebbe significare meno vincoli prescrit-
tivi e maggiori responsabilità per i progettisti.
Tutto ciò vale non solo in generale ma anche in
par ticolare per il caso degli edifici di interesse
storico ai quali, come sopra si è potuto osser-
vare, difficilmente si possono applicare prescri-
zioni tecniche costruttive vincolanti come quelle,
ad esempio, definibili per l’edilizia corrente.
La nuova norma sembra voler stimolare negli
operatori tecnici una maggiore consapevolezza
e una rinnovata capacità di giustificazione degli
inter venti proposti senza ricorrere in modo
automatico ed acritico ad abachi di soluzioni
prestabilite.
In maniera evidente anche se non estesa il pre-
valere dell’impostazione prestazionale rispetto a
quella prescrittiva si manifesta nel punto 11 re-
lativo agli “Edifici esistenti” dove, se poco cambia
per quanto riguarda gli interventi di adeguamento,
chiare innovazioni si notano invece nelle indica-
zioni per gli interventi di miglioramento.
Le nuove norme richiedono che tali interventi
siano caratterizzati dall’obiettivo di far sì che gli
edifici conseguano complessivamente un mag-
gior grado di sicurezza e che il raggiungimento
di tale obiettivo sia dimostrato verificando “che
l’insieme delle opere previste è comunque tale
da far conseguire all’edificio un maggior grado
di sicurezza nei confronti delle azioni sismiche”.
L’esplicito riferimento al compor tamento d’in-
sieme, che sotto il profilo scientifico-culturale
da tempo era presente in varie forme nel con-
tributo da A. Giuffré, mancava totalmente nelle
vecchie norme.
Attraverso queste ultime potevano essere im-
poste soluzioni tecniche (cerchiature) standar-
dizzate mentre, al contrario, la nuova norma
affida al progettista la decisione sulla congruità
delle soluzioni tecniche e la conseguente dimo-
strazione che il risultato prestazionale richiesto
sia stato ottenuto.
L’obiettivo del miglioramento si sposta quindi
dal rinforzo locale alla richiesta della uniformità
del livello di sicurezza tra le varie par ti della
struttura, con una maggiore enfasi per il con-
cetto di consapevolezza complessiva nella com-
prensione del manufatto architettonico.
Un secondo aspetto, non meno impor tante,
consiste nel richiedere che si dimostri il miglio-
ramento ottenuto con gli interventi proposti,
ovvero che risulti chiara l’utilità degli interventi
determinandone, in tal modo, la riduzione a
quelli effettivamente necessari.
Cer tamente, considerando le incer tezze anco-
Sant’Angelo dei Lombardi (AV). Abbazia del Goleto,
Chiesa del Vaccaro, simulazione grafica sugli archi