33
1.8 Distruzione e valorizzazione dei centri
storici in Irpinia
Angelo Verderosa
Nell’area del cratere altirpino si è recuperato
pochissimo degli antichi insediamenti; a Lioni, a
Teora, a Calabritto, aTorella dei Lombardi, a San
Mango sul Calore, per esempio, tranne pochi
monumenti, assolutamente niente altro: alle
demolizioni indiscriminate dei demag tedeschi
e della cosiddetta emergenza si sono aggiunte
quelle progettuali, contenute negli strumenti
urbanistici e legalizzate dalla legge speciale n.
219 del 1981. Conseguenza di una miopia am-
ministrativa generalizzata: ignorando il valore
delle preesistenze e nell’enfasi del consumo fi-
nanziato si è annientato un patrimonio storico
architettonico di elevato valore culturale e am-
bientale.
La distruzione avvenuta e la cancellazione di ogni
segno della civiltà altirpina, nella attuale fase di
riscoper ta dell’entroterra appenninico campa-
no (POR e piani di marketing territoriale), pe-
nalizzano ancora una volta il rilancio del nostro
territorio.
Proverò a raccontare come al disastro naturale
sia subentrata la distruzione legalizzata; risiede-
vo a Lioni, studente della Facoltà di Architettu-
ra di Napoli, dal 1980 al 1986.
Il ventipercento
La legge 219/81 ha premiato la demolizione-
ricostruzione ex novo a discapito del recupero
e del restauro: si è distrutto il patrimonio pree-
sistente mediante un incentivo economico-le-
gislativo; i cittadini che intendevano recupera-
re, riparare, la propria abitazione, venivano pe-
nalizzati con una decurtazione del 20% sul “buo-
no-contributo”, rispetto ai cittadini che demo-
livano e ricostruivano.
Potendo ottenere contributi economici per il
cosiddetto adeguamento abitativo in funzione
del nucleo familiare, superfici non residenziali e
autorimesse, si è dato il via ad una sistematica
distruzione dei centri storici.
Un meccanismo perverso: facendo quattro con-
ti, i possessori di immobili danneggiati dal si-
sma, con un incentivo economico (20% in più)
a demolire e con la prospettiva di maggiori su-
perfici abitabili e autorimesse, abbandonavano
i centri storici sperando in condizioni di vita
migliori nelle villette dei cosiddetti piani di zona;
fra le alternative, potevano utilizzare il buono-
contributo per acquistare una nuova casa nel-
l’ambito della provincia di residenza!
Conza della Campania e Bisaccia sono l’emble-
ma di questo inganno collettivo: interi centri
abitati, trasferiti a chilometri di distanza; hanno
visto raddoppiare i volumi edilizi e decuplicati
gli spazi urbani preesistenti.
La legge 187/82, modificando la 219/81, ridus-
se ulteriormente i poteri delle Soprintendenze,
impegnate (e isolate) attivamente nella salva-
guardia del patrimonio storico-architettonico;
potevano esprimere vincoli sugli edifici vincola-
ti ai sensi della legge 1089/39 e non sul patri-
monio minore, privato.
Motivazioni di ordine politico e amministrativo,
di fatto culturali, sono state alla base di queste
legislazioni di distruzione: nel caos postsismico
si sono saccheggiate città antiche e teorie del
restauro; si è saccheggiato il buon senso… per
un ventipercento in più!
Le ristrutturazioni urbanistiche
L’incentivo ad abbandonare i centri storici per
trasferirsi nei piani di zona innescò un altro
perverso fenomeno; i pochi cittadini che deci-
devano di restare, mediante i meccanismi legi-
slativi citati, di fatto avevano anch’essi diritto ad
ampliare superfici e volumi edilizi; magari ai lati
o al disopra delle proprie par ticelle catastali;
iniziarono ad affermarsi nei piani di recupero,
fino a prevalere in modo assoluto, almeno a Li-
oni,Teora, Calabritto, Caposele, le ristrutturazio-
ni urbanistiche; strumento di attuazione del pia-
no di recupero, di fatto piani di nuova edilizia.
Dove erano complesse articolazioni morfolo-
giche e tipologiche, espressione di distinte pro-
prietà catastali, si procedeva alla cancellazione
di ogni traccia preesistente e ad un ridisegno di
allineamenti e sagome; refusione delle par ticel-
le catastali e ridistribuzione delle superfici abi-
tative interpretavano ancora la legge 219/81.
La quasi totalità dei comparti edilizi, oggetto di
ristrutturazione urbanistica, sono rimasti fermi
per lunghi anni sia per le inevitabili litigiosità sor-
te fra i condomini all’interno di ogni comparto
che per i limiti normativi propri del P.d.R.; là dove
si cercava di migliorare le condizioni di vivibilità
all’intorno e all’interno dei comparti (ad esem-
pio con l’apertura di nuove luci), i comuni si tro-
vavano nell’impossibilità di operare, dovendo
procedere con espropri, ma non di pubblica uti-
lità (i comparti restavano un insieme di proprie-
tà private); altro esempio emblematico della com-
plessità di attuazione delle ristrutturazioni urba-
nistiche affidate ai privati è derivato dalla ina-
dempienza a ricostruire seppur di un singolo
condomino: è facile pensare all’intervento e alla
sostituzione forzata da parte del Comune; di fatto
non si riusciva a procedere.
Prime conclusioni sulle ristrutturazioni urbani-
stiche le ha tratte il Comune di Lioni alla luce
delle pregresse esperienze: lo storico quar tiere
“Fontana Vecchia” è stato recuperato attraver-
so un piano par ticolareggiato che si è avvalso
dei disposti normativi dei P.d.Z.: esproprio e rias-
segnazione delle superfici edificabili (in ver tica-
le); si è adottata una tipologia di case a schiera
su due o tre livelli, a due fronti, evitando la fase
dell’accordo fra condomini; si sono velocizzate
le operazioni di assegnazione delle proprietà e
conseguito una maggiore cura nelle soluzioni
architettoniche; il disegno dei compar ti edilizi
ha generato spazi urbani, pedonalizzati, che fa-
voriscono l’aggregazione e l’incontro sociale
degli abitanti del quar tiere.
Castelvetere sul Calore (AV). Planimetria del progetto di
recupero, il borgo antico
1...,24,25,26,27,28,29,30,31,32,33 35,36,37,38,39,40,41,42,43,44,...168