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3.1 Note metodologiche
Premessa
Il territorio dell’Irpinia è oramai, in gran parte, clas-
sificato come zona sismica di prima categoria.
Intervenire nei centri storici per il recupero degli
edifici in muratura compor ta a priori la neces-
sità di una analisi strutturale volta ad indagare i
“punti deboli” di ciascun edificio: fondazioni di-
somogenee, murature non ammorsate e con
prevalenza di ciottoli, malte decoese, solai in
legno marciti, travi di colmo precarie, travi spin-
genti, canne fumarie interne alle murature, aper-
ture non allineate, tagli postumi, superfetazioni
e sovraccarichi, ecc.
Il progetto di recupero deve risolvere ovvero
“migliorare” le debolezze individuate; i mecca-
nismi di collasso, in fase sismica, seguono le vie
di minor resistenza ovvero amplificano le de-
bolezze dell’edificio, a seconda del grado di in-
tensità della scala Mercalli, fino a produrre le-
sioni e crolli; deve inoltre perseguire un com-
pletamento strutturale, una “ricostruzione” a
regola d’ar te mirata a risolvere le deficienze
individuate nel rispetto del lessico architettoni-
co e strutturale originale.
L’esperienza mostra che una costruzione mu-
raria ben fatta, con ammorsature fra pareti or-
togonali, tra queste e i solai, con tetti tirantati,
non soggetta a gravi dissimmetrie, è in grado di
resistere a forze orizzontali anche considere-
voli; sono molti i centri storici, anche in Alta
Irpinia (ad esempio Nusco, Bagnoli Irpino, Ca-
stelvetere sul Calore) che sono stati colpiti da
terremoti negli ultimi secoli e dove ancora ci
sono fabbricati e interi compar ti edilizi ben
costruiti e quindi ben conservati.
Nell’Irpinia del dopo-terremoto si è, spesso, in-
ter venuti con la sovrapposizione di lastre di
cemento armato alle murature esistenti, con
perforazioni ed armature di barre di acciaio,
devastando gli assetti originari, comprometten-
do, irreparabilmente, quella simbiosi tra aspetti
linguistici e aspetti meccanici: occultate le pie-
tre, persi i rappor ti tra pieni e vuoti, alterate le
geometrie interne ed esterne; procedure inva-
sive e pareti rigide capaci di resistere, forse, alle
prime deformazioni ma pronte a scollarsi dalle
murature nelle successive fasi sismiche.
Lo stesso si è fatto con i solai; aboliti quelli in
legno, sono state realizzate solette di cemento
armato che hanno appesantito l’organismo
strutturale introducendo potenziali mar tella-
menti ed eccessive rigidezze a cui le murature
non sono in genere abituate.
In nome dell’adeguamento sismico si è sottrat-
to agli abitanti il senso e il piacere dell’abitare
in un organismo coerente, a contatto con i
materiali naturali, la pietra delle murature, il le-
gno dei solai e delle coper ture.
La mancanza di una cultura specifica del recu-
pero in zona sismica e la legge n. 219 del 1981
hanno fatto sì che in Irpinia si recuperasse ben
poco; i meccanismi economici legati ai contri-
buti governativi premiavano la demolizione e
ricostruzione anziché il recupero; ecco allora
alcuni centri storici ricostruiti con il cemento
armato ma con l’aspetto della muratura; ecco-
ne altri completamente abbandonati in favore
di una villetta nei cosiddetti piani di zona.
I progetti di recupero finora condotti in Irpinia,
di seguito documentati, dimostrano che con
incrementi di costo di circa il 20% si riesce a
recuperare anziché demolire e ricostruire in
cemento armato; l’edilizia “minore” e “rurale”,
spesso, non è oggetto di vincolo: anche attra-
verso i meccanismi economici bisogna convin-
cere i privati a seguire la strada del recupero; è
impor tante lavorare sui costi perché se i costi
del recupero sono troppo alti vi è il rifiuto del-
l’intervento; bisogna individuare e saper comu-
nicare i valori aggiunti legati a questo tipo di
interventi: restituzione di una architettura e di
una “immagine” storica, riutilizzo dei materiali
provenienti da svellimento e tagli, utilizzo di
materiali naturali ecologici: pietra, legno, cotto,
da lasciare possibilmente a vista, impiego di
manodopera locale tradizionale; significa anche
mettere in moto meccanismi diffusi di addestra-
mento delle maestranze oltre che di crescita
economica e di plusvalenza territoriale.
Per contro, bisogna specificare che attraverso il
cosiddetto “miglioramento” non si perviene a
costruzioni perfettamente antisismiche; perfet-
tamente antisismici però non lo sono nemme-
no gli edifici ricostruiti finora in cemento arma-
to: l’evoluzione normativa, la riclassificazione si-
smica, la recente Ordinanza 3274, ne sono una
conferma…
L’obiettivo degli studi finora svolti in Irpinia, a
par tire dai Borghi della Terminio Cervialto, e le
esperienze di cantiere maturate, permettono
di proseguire una ricerca, incanalata nel solco
nazionale aperto da Antonino Giuffré, volta ad
eliminare le sorgenti di danno che si manifesta-
no quando viene un terremoto e che provoca-
no danni enormi nell’edilizia minore e rurale.
Intervenire ad esempio sulle carpenterie dei
tetti, in sede preventiva o manutentiva, non ren-
de la costruzione antisismica, però può ridurre
danni e vittime in fase sismica.
Su questa strada, oltre che restituire un patri-
monio storico, insito nella immagine e nella tec-
nica, alla collettività, si possono individuare una
larga serie di interventi “pratici”, capaci di ri-
durre, forse anche in misura considerevole, l’en-
tità dei danni connessi al sisma.
Le oppor tunità progettuali ed economiche of-
fer te dalle misure connesse ai POR Campania
permettono di salvaguardare “per tempo” il
patrimonio scampato al disastro del 1980; per-
mettono di sconfiggere, forse, la “fatalità”.
Disciplinare di intervento
Sono di seguito illustrati par te di quelle tecni-
che di “miglioramento” di cui in premessa; inol-
tre sono documentate significative esperienze
di cantiere che hanno permesso di testare man
mano quanto codificato fino alla attuale stesu-
ra delle schede operative, tradotte in disegni,
soprattutto particolari costruttivi, voci di com-
puto metrico, norme di capitolato, schede di-
sciplinari.
Il “manuale” nasce come una sorta di discipli-
nare tecnico di cantiere, strumento contrattua-
le tra stazione appaltante e impresa, applicato
dall’ufficio di direzione dei lavori.
Verificato e monitorato durante ogni fase co-
struttiva, lo stesso disciplinare è stato emenda-
to, aggiornato e riappaltato; e questo più volte,
dal 1998 ad oggi: il “manuale” contiene una ver-
sione “ultima”, avver tendo che già nei nuovi
cantieri in corso (luglio 2005) si ripropongono
ulteriori modifiche e affinamenti.
Nessuna pretesa di esaustività, quindi, ma pro-
cesso completamente aperto agli input che de-
rivano, in itinere, dai luoghi, dai singoli fabbricati,
dagli utenti, dalle destinazioni d’uso, dai materiali
reperibili, dalla capacità delle maestranze, dai fondi
disponibili, dall’aggiornamento normativo.
Occorre intervenire con speciale e rinnovata
passione, for te sensibilità ad ascoltare il luogo
ed esperienza per inserirsi nei par ticolari con-
testi storici e naturalistici senza contaminarne il
genius loci
; ogni nuovo intervento deve essere