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servazione delle caratteristiche funzionali del-
l’opera con il minor dispendio di risorse. Si deve
tener conto dei possibili fattori di degrado am-
bientale (esposizione, clima, inquinamento) o
dovuto all’uso (flusso utenti e tipologia di attivi-
tà svolte), adottando idonee geometrie e siste-
mazioni funzionali.
È necessario privilegiare l’utilizzo di materiali
durevoli, tecnologie ben consolidate ed elevata
standardizzazione dei componenti tecnologici
oltre ad una loro dislocazione che ne faciliti l’ac-
cesso per gli inevitabili interventi manutentivi.
Il recupero degli elementi del paesaggio
Il terremoto del 1980, favorendo – paradossal-
mente – l’abbandono dei centri storici, ha inne-
scato un processo di alterazione del paesaggio
rurale dell’entroterra appennico irpino: l’edilizia
minore, fatta di pietra e di legno, è stata in gran
parte cancellata, sostituita da anonimi conteni-
tori edilizi realizzati in cemento armato; querceti
e noceti sono stati estirpati per far posto ai PIP
(piani insediamenti produttivi) ad oggi in gran
parte ancora vuoti (vi hanno attecchito sponta-
neamente boschi di pioppi); i crinali del Formi-
coso, della Baronia e del Fredane sono preda
ambita da parte dei produttori di impianti eolici.
A 25 anni dal terremoto, i programmi di finan-
ziamento della comunità europea, sembrano in-
dicare nella valorizzazione ambientale e nel turi-
smo connesso l’unica via di sviluppo per il terri-
torio dell’entroterra campano, ad esempio si può
realizzare un agriturismo a patto che si recuperi
un’antica architettura; ma in Irpinia il patrimonio
edilizio rurale è quasi del tutto compromesso,
ecco allora che ci si avvia a rivestire con lastra-
me di pietra di spessore 4 cm i fabbricati in ce-
mento armato, ad asfaltare le strade che porta-
no all’agriturismo, a piantare magnolie e cedri
del libano e a realizzare recinzioni in orsogrill o
in cemento prefabbricato. Facciamo solo un ac-
cenno ai fabbricati industriali sulle rive del lago
di Conza, tra le anse dell’Ofanto, del Calore e
del Sele o all’interno del perimetro del Parco
dei Picentini.
L’Irpinia presenta anche numerosi aspetti positi-
vi: i metodi di coltivazione non hanno ancora
subito le trasformazioni indotte dalle colture in-
dustriali; non ci sono serre, non si usano pestici-
di; le condizioni economiche e sociali – contrad-
dittoriamente anche grazie alla industrializzazio-
ne recente – non sono ancora tali da produrre
abbandono ed assenza di gestione delle terre e
delle abitazioni; le aree montane sono ben con-
servate grazie ad una coltivazione sostenibile
(castagne, tartufi, legna) che produce occupazio-
ne e reddito per gli abitanti.
Alcuni autori ritengono che il paesaggio sia pro-
dotto da elementi naturali, altri studiano il pae-
saggio prodotto dall’uomo, la distinzione ha poco
senso: il paesaggio è la forma di quello che c’è in
un luogo, sia elementi naturali o seminaturali (cioè
elementi naturali influenzati dall’uomo), sia ele-
menti antropici: l’Irpinia oggi offre un paesaggio
ritenuto ancora accettabile, a tratti intenso e
bello; basta evitare le periferie della ricostruzio-
ne e le infrastrutture forzate lungo i fiumi.
Occorrono sforzi progettuali e istituzionali per
contenere le forme di contaminazione materia-
le finora innescate sul paesaggio; serve un’attiva
politica di protezione generale e di sensibilizza-
zione locale.
Paesaggio agrario
Il legame affettivo di generazioni di contadini te-
naci che, tra diversi cicli di emigrazione, hanno
continuato a presidiare il territorio, ha contribu-
ito a salvare ampi brani del paesaggio agrario.
Campi, masserie, fontane, vigneti e uliveti, peschie-
re, orti, abbarbicati su dossi e alture salvaguarda-
no ancora il “paesaggio buono” dell’Irpinia; senza
l’agricoltura si sarebbe definitivamente perso ciò
che solo in questi ultimi anni si sta riconoscendo
al territorio col valore di “patrimonio”.
“Paesaggio” sono le campagne fatte di tante va-
rietà di frutti, di razze bovine, caprine, ovine e
quindi di particolari sapori (vini, formaggi, insac-
cati, conserve, paste), un patrimonio di risorse
connesse alla tradizione contadina; recentemen-
te proprio la riscoperta dei “sapori” è stata l’oc-
casione che ha innescato nuove idee che oggi
evolvono, lentamente, in nuove economie.
In Irpinia si è ben riavviato tutto il comparto viti-
vinicolo: i tre “DOCG” sono ormai un riferimen-
to di livello internazionale; si riscoprono inoltre
sapori perduti di formaggi, castagne, miele, carni,
tartufi, tutti legati alla tradizionale attività agrico-
la che nell’arco di qualche generazione è diven-
tata “antica”,“storica”; il comparto enogastrono-
mico si trasforma da produzione di beni a pro-
duzione di qualità del vivere. L’affermazione di
prodotti qualitativi su nuovi mercati è la migliore
garanzia di conservazione e recupero del pae-
saggio irpino; sugli opuscoli e sui siti web delle
aziende agricole ci sono foto in bianco e nero
degli antichi campi, delle masserie, degli attrezzi
di lavoro lignei e lapidei; questa “nostalgia” ico-
nografica sensibilizza produttori e consumato-
ri; il bello si identifica con quanto perduto, si
cerca quindi di recuperare o di costruire nuovi
segni nel rispetto del paesaggio e della cultura
materiale del luogo (a volte scadendo nel falso
e nel kitch).
Sembra ancora possibile conservare e recupe-
rare il paesaggio quale bene collettivo capace di
esprimere ancora l’essenza della appartenenza
al luogo e al creato: il territorio irpino è oramai
anche salvaguardato dalla recente individuazio-
ne di numerose aree SIC (boschi, aree agricole
incontaminate, alvei fluviali, sponde di laghi artifi-
ciali) e dalla istituzione del parco regionale dei
Monti Picentini.
Multifunzionalità
La “multifunzionalità” è il concetto in base al quale
l’Unione europea sta ridisegnando la propria
politica agricola: vengono finanziate sempre meno
le aziende agricole che si limitano a produrre
derrate e sempre più quelle che si impegnano
anche in attività connesse alla salvaguardia del-
l’ambiente e alla sicurezza alimentare. Vengono
finanziate per questo, ad esempio, le coltivazioni
a basso impatto ambientale o integrate, le coltu-
re di siepi, gli impianti arborei legnosi, la manu-
tenzione di superfici protette e le zone di prote-
zione speciale per la fauna.
Biodiversità
Il paesaggio irpino non è un paesaggio addome-
sticato o commercializzato come quello ad esem-
pio della Toscana o della Romagna; tranne nelle
aree di fondovalle è ancora in gran parte inte-
gro, selvaggio, rupestre. La conoscenza delle di-
namiche naturali, biologiche, passa necessaria-
mente attraverso lo studio del paesaggio rurale,
lì dove ancora integro: ogni studioso della natu-
ra (biologi, zoologi, botanici, ornitologi), ricono-
sce alle campagne tradizionali, con i loro boschi,
i muri a secco, gli abbeveratoi, l’intricata rete di
siepi, un assetto strategico del territorio che ha
permesso la conservazione di tante specie ani-
mali. Ogni sfera della conoscenza ambientale ri-
conosce a queste realtà lo straordinario ruolo