114
solo astronomi ed astrofili, invece è un proble-
ma di tutti perché diminuisce la possibilità di ve-
dere il cielo stellato, non solo paesaggio da pro-
teggere, ma anche suggestione di avvicinamento
al creato.
In questo senso ogni intervento deve rispettare
le norme contenute nella Legge Regione Cam-
pania n.12 del 25.07.2002 in materia di “conte-
nimento dell’inquinamento luminoso e del con-
sumo energetico da illuminazione esterna pub-
blica e privata a tutela dell’ambiente, per la tute-
la dell’attività svolta dagli osservatori astronomi-
ci professionali e non professionali e per la cor-
retta valorizzazione dei centri storici”.
Obiettivi progettuali
Pur tra le numerose incongruenze formali della
ricostruzione del dopo terremoto, i centri urba-
ni dell’Irpinia possiedono ancora tutta la godibi-
le semplicità ed il “sapore” dei piccoli centri ru-
rali, tipici dell’entroterra appenninico campano;
a fronte delle modeste dimensioni urbanistiche
e del degrado di alcune zone marginali, ogni cen-
tro abitato, con case e vicoli dai dettagli architet-
tonici semplici ed espressivi, riesce a comunica-
re una identità urbana che evoca e rappresenta
le vicende costruttive e la vita dei suoi abitanti.
Ogni nuovo intervento deve essere condotto nel
rispetto formale e spaziale dei luoghi, allo scopo
di preservare e riorganizzare un ambito urbano
capace ancora di esprimere, pur tra le diverse
aree degradate presenti al suo interno, una chia-
ra ed espressiva identità architettonica.
Occorre indagare e lavorare sul binomio “spazi
urbani paesaggio”; spesso ignorato in quanto dato
per scontato può invece offrire nuove chiavi di
lettura del contesto ed essere veicolo di pro-
mozione dell’immagine del territorio.
Ragionando per continuità e contrapposizione i
due elementi possono rafforzarsi mediante lo
studio e l’uso di geometrie, percorsi, visuali, ma-
teriali, vegetazione, segnaletica.
Materiali locali
L’introduzione di materiali costruttivi estranei alla
tradizione locale rappresenta un elemento di
debolezza dell’intervento progettuale e costitu-
isce un danno per l’economia locale.
L’Irpinia sub-appenninica è ricca di buoni mate-
riali lapidei adatti alla costruzione e all’impiego
pavimentale esterno; materiali un tempo reperi-
bili un po’ ovunque, oggi sono estratti principal-
mente nelle cave di Sant’Andrea di Conza, Bisac-
cia e Melito Irpino e lavorati, oltre che nei suddet-
ti siti, nei laboratori di affermata tradizione arti-
gianale: Fontanarosa, Gesualdo, Grottaminarda,
Montella, Bagnoli Irpino, Nusco, Lioni, Conza.
A Gesualdo si estrae, ormai episodicamente,
l’“onice di Gesualdo”, marmo di grande effetto
decorativo, trasparente quando tagliato in lastre
sottili, ricco di venature multicolori, non adatto
per l’uso esterno.
Da torrenti e fiumi presenti nel territorio veni-
vano recuperati ciottoli di vagliatura variabile
connotati dalle scale cromatiche dell’avorio e del
grigio; oggi non si trovano impianti disposti a ca-
vare ciottoli dal letto dei fiumi per cui vengono
importati dal Trentino.
Laterizi, a base di argilla cavata lungo le sponde
dell’Ofanto, venivano prodotti fino a qualche
anno fa nelle fornaci di Calitri, Sant’Andrea di
Conza e Lioni; oggi rimane una importante for-
nace a Montecalvo Irpino.
I tagli boschivi di rinnovo degli impianti esistenti
forniscono in loco legname da costruzione di
ottima qualità: quercia e castagno, adatti all’uso
esterno, sono tuttora lavorati nei centri a margi-
ne dei Picentini: Montella, Bagnoli Irpino, Lioni,
Caposele, Calabritto, Senerchia.
Il ferro battuto veniva lavorato un po’ ovunque;
validi artigiani sono ancora presenti a Sant’An-
drea di Conza, Lioni, Montella; così nella lavora-
zione della ceramica, spesso utilizzata nei com-
plementi di arredo urbano, si hanno centri di
eccellenza ad Ariano Irpino, Calitri, Carife, San-
t’Angelo dei Lombardi.
Pietra irpina
Nei centri dell’Irpinia la pietra è ovunque; nei
portali e nei cantonali dei palazzi nobiliari, nei
rosoni e nei basamenti delle chiese, nei davanza-
li e negli stipiti di porte e finestre, nei balconi e
nei gattelli in aggetto, alla base delle case scavate
nei fianchi delle rupi, sotto gli intonaci delle case
in muratura, nei vicoli e nelle piazze; simbolo ar-
caico dei luoghi e della secolare abilità dell’uomo
che sempre ha affidato alla incorruttibilità della
sua superficie parole e segni da tramandare.
Dalle cave autorizzate di Sant’Andrea di Conza,
Pescopagano e Melito Irpino si estrae una pietra
compatta, chiara e variegata, adatta alla costru-
zione e alla decorazione, prevalentemente co-
stituita da minerali di durezza Mohs da 3 a 4,
denominata “brecciato irpino”; si presenta come
un conglomerato ghiaioso di varia granulome-
tria e cemento calcareo, costituita da breccia di
matrice carbonatica e derivante da rocce sedi-
mentarie, a granulometria minore corrisponde
materiale di maggior pregio.
A seconda della granulometria e dei siti originari
di estrazione si hanno le varie denominazioni:
“favaccio” o “favaccia”, “favaccino”, “brecciato”,
“pietra di Fontanarosa”, “pietra di Gesualdo”.
La superficie a vista viene lavorata bocciardata,
picconata, scalpellata, pettinata, levigata e, di re-
cente, sabbiata e burattata. All’interno viene po-
sato con lucidatura in opera.
A Bisaccia, viene ricavata mediante sfaldatura
meccanica di cava, una pietra marnoso-calcarea,
compatta, lavorabile, con interessanti effetti di
colorazione sabbioso-giallastre miste a macchie
grigio-brunastre e con vene calcistiche e rossa-
stre. Viene cavata sotto forma di lastrame irre-
golare e selci, a spessore variabile (40-90 mm) e
pezzature comprese mediamente tra 20 e 60
cm; il coefficiente di imbibizione medio, conte-
nuto entro il 3%, la rende adatta all’uso esterno.
La buona consistenza strutturale delle due tipo-
logie di pietra irpina, il variegato cromatismo, il
comfort al calpestio, le possibili lavorazioni, la
resistenza al gelo e all’usura per attrito, consen-
tono una soddisfacente utilizzazione sia nelle
pavimentazioni carrabili che pedonali.
La “pietra di Bisaccia”, lasciata a “piano cava”, si
presta meglio in genere per pavimentazioni ad
opus incertum o a cubetti; il “brecciato” si ap-
prezza soprattutto lavorato in lastre regolari o a
correre, basoli, cordoni, zanelle, caditoie, baulet-
ti, dissuasori, panchine.
La posa in opera necessita di una preventiva fon-
dazione di tipo stradale, costituita da una mas-
sicciata in pietrame misto costipato e rullato, a
cui si sovrappone un massetto in calcestruzzo
armato con rete elettrosaldata; sul massetto di
posa, in genere realizzato con sabbia di fiume e
cemento, battuto a mano, vengono posate “a fre-
sco” le lastre in pietra; i giunti di fuga tra le lastre
vengono riempiti con sabbia finissima e cemen-
to in polvere e inumiditi fino alla presa.
Arredo urbano
La scelta dell’arredo urbano dovrebbe contribu-
ire a definire una migliore “immagine urbana” o